Antonio Coletta Autore, ufficio stampa, redattore editoriale

Favola di Natale

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Quanti anni abbia davvero Alessandro non lo sa nessuno: alcuni dicono più di cento, altri pensano ne abbia appena ottanta, la maggior parte se ne frega.

Ogni giorno, festivi inclusi, si sveglia la mattina presto, fa colazione con un caffè, si rade la barba, si riavvia i capelli, s’incappella e s’incravatta, prende il suo campionario di fili per le bustine del the e attende che passi il treno per Roma. “Quando ero giovane i treni passavano in orario”, mi dice, “ora tocca attendere unʼeternità”.

Racconta di essere nato il giorno in cui il primo treno passò per il paese: “Mia madre era già in travaglio quando si sparse per il borgo lo sbuffo di un treno a vapore, mio padre corse a vedere cosa stava accadendo: quando tornò a casa avevo già dato la prima poppata. Il babbo e i suoi amici si radunarono per giorni attorno alla ferrovia per guardare il treno passare, finché un sabato pomeriggio una locomotiva moderò la velocità fino a fermarsi quasi e un uomo scese giù”.

Fu lo stesso uomo a suggerire a quei ragazzi di costruire una stazione ferroviaria, “proprio qui dove siamo noi ora. All’apertura al pubblico della stazione avrebbe dovuto partecipare persino Vittorio Emanuele Orlando, ma il suo autista sbagliò direzione e il Presidente del Consiglio finì per inaugurare un ospedale a Pontecorvo”.

Quella stazione e quel treno hanno voluto dire tanto nella vita di Alessandro: “Dal febbraio del 1947 ho percorso ogni giorno questa ferrovia per andare a Roma a vendere i miei fili per le bustine del the. Mio fratello li produce, io li vendo. In città apprezzano molto l’artigianato”.

Su quello stesso treno conobbe sua moglie Alessandra: “era bella, aveva ventinove anni e una fede incrollabile nella realizzazione di una società socialista. Io ero un po’ più scettico”.

Ebbero un figlio (“quando nacque ero in treno”) ma poi, in una notte di fine novembre, la donna gli lasciò un breve biglietto sulla scrivania.

Mio amato marito, sono molto turbata. I fatti d’Ungheria hanno fatto vacillare la mia fede incrollabile nell’affermazione pacifica del socialismo reale. Questa notte salirò su un vagone ferroviario di seconda classe. Mi recherò a Budapest per rendermi conto di quanto è accaduto. Parlerò personalmente con János Kádár e gli presenterò tutte le mie perplessità. E le mie idee. Soprattutto le mie idee: credo di aver trovato una strategia vincente, capace di conciliare comunismo e democrazia. Con un po’ di fortuna e con la benevolenza di Kádár, porterò il mio messaggio di pace e speranza al segretario Krusciov. Porterò con me il bambino, faremo ritorno in poche settimane. Con amore, Alessandra.

Quattro anni dopo “il compagno Staccone mi avvisò di aver ricevuto notizia da Mosca dell’avvenuta morte di mia moglie in un’isola del Mar Bianco. Alessandra era una dissidente e la strada per la rivoluzione non poteva conoscere intoppi”.

“E suo figlio?”, domando io.

“Attendo che torni dall’Unione Sovietica. Gli lascio un posto a tavola ogni sera”.

“Fa freddo”, gli dico, “vuole una cioccolata calda? C’è un bar qui vicino che” – mi ferma, mi dice “no, grazie, ho atteso tanto, non vorrei perdere il treno per Roma, ho dei clienti che mi aspettano”.

Vorrei dirgli che di treni da queste parti non se ne vedono da un pezzo ma no, non potrei farlo oggi, non nel giorno della vigilia di Natale.

Da lontano vedo avvicinarsi una Trabant, accosta, scende un cosacco col caftano e il colbacco, “Privet, papà. Andiamo a casa, la mamma ci aspetta per cena”.

Alessandro mi saluta, “lavorerò domani, chi se ne frega. È Natale anche per me”.

Ci salutiamo col pugno chiuso, ci scambiamo auguri laici, lo vedo salire nell’automobile e allontanarsi.

Da lontano sento spargersi per il borgo lo sbuffo di un treno a vapore.

A proposito dell'autore

Antonio Coletta

Antonio Coletta è autore, ufficio stampa e redattore editoriale freelance. Ha fondato numerosi blog e strambe webzine e collaborato con molte testate e troppi siti internet. Ha raccontato la sua fallimentare esperienza di addetto stampa del cantautore Calcutta in «Calcutta. Amatevi in disparte» (Arcana, 2018), pubblicato la raccolta di racconti «Mia madre astronauta» (Ultra, 2019) e partecipato all'antologia «Qui giace un poeta» (Jimenez, 2020) con un racconto su Roberto Bolaño.

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Antonio Coletta è autore, ufficio stampa e redattore editoriale freelance. Ha fondato numerosi blog e strambe webzine e collaborato con molte testate e troppi siti internet. Ha raccontato la sua fallimentare esperienza di addetto stampa del cantautore Calcutta in «Calcutta. Amatevi in disparte» (Arcana, 2018), pubblicato la raccolta di racconti «Mia madre astronauta» (Ultra, 2019) e partecipato all'antologia «Qui giace un poeta» (Jimenez, 2020) con un racconto su Roberto Bolaño.

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