Antonio Coletta Autore, ufficio stampa, redattore editoriale

Ascesa e caduta della Valle del Sacco

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“Io non voglio crescere in una provincia dove il solo progresso culturale è la lettura di una stupida rubrica intitolata Ciociaria Paranoica” (Sistino – Prima Elementare di Alatri)

Molti non sanno che “we’ll always have the Sacco Valley”, l’eccezionale battuta pronunciata da Humphrey Bogart al termine del film “Casablanca”, fu doppiata in italiano con “avremo sempre Parigi” per distogliere l’interesse del pubblico nazionale da quella che sarebbe diventata la libera discarica di troppe fabbriche e stabilimenti.

Al termine della seconda guerra mondiale, infatti, il progetto di uno sviluppo industriale a basso costo e senza regole si volgeva pieno di speranza verso la Valle del Sacco. L’idea si realizzò, poi, nel giro di pochi decenni: il fiume divenne un grande canale di scarico per le multinazionali, il sottosuolo un magazzino di scorie per la malavita, le polveri sottili stagnanti tra i monti.

Anche il grande regista François Truffaut aveva lavorato a lungo ad un film-documentario dedicato alla vallée du Sac intitolato provvisoriamente “Le dernier fettuccina” nel quale si chiedeva che modello di sviluppo fosse quello nel quale si cede la proprietà della salute degli abitanti di un territorio alle multinazionali in cambio di posti di lavoro, salari, voti. “Che razza di equilibrio sociale è questo?”, appuntò  il più importante esponente della nouvelle vague dietro una cartolina che gli aveva inviato un fan da Ceccano.

“Per decenni abbiamo dato per scontata la nostra salute e quella dei nostri figli, sottovalutato la precarietà del nostro territorio e di questa società; ce ne ricordiamo di rado, quando ci ammaliamo, quando muoiono tre vacche, quando il fiume si riempie di strane schiume bianche”, dice Sean Connery in “007 – Missione Falvaterra” subito prima di lanciare il suo nemico Licio Ciarrapi giù dal ponte di Castro dei Volsci. L’inquadratura non segue la caduta ma James Bond, che sale sulla sua Aston Martin e sfreccia via verso l’Autogrill La Macchia. Al termine della pellicola i titoli di coda spiegano: “Tre anni dopo i fatti raccontati nel film, James Bond, stanco di combattere il male, aprì uno stabilimento balneare a Terracina. La schiuma del fiume Sacco attutì la caduta di Licio Ciarrapi: ancora oggi è uno dei più influenti uomini d’affari del basso Lazio”.

La storia del cinema, però, dà anche speranze agli abitanti della Valle del Sacco. Nel sequel di Ritorno al Futuro nel quale i protagonisti tornano indietro nel tempo per provare l’ebbrezza di prendere un treno che porta a Roma dalla stazione di Collepardo, il dottor Emmett Brown ci ammonisce tutti: “il vostro futuro non è ancora stato scritto, quello di nessuno. Il vostro futuro è come ve lo creerete. Perciò createvelo buono”.

“Ascesa e caduta della Valle del Sacco” è stato pubblicato nel numero di Dicembre 2018 di Gente Comune, periodico gratuito distribuito nella Provincia di Frosinone

A proposito dell'autore

Antonio Coletta

Antonio Coletta è autore, ufficio stampa e redattore editoriale freelance. Ha fondato numerosi blog e strambe webzine e collaborato con molte testate e troppi siti internet. Ha raccontato la sua fallimentare esperienza di addetto stampa del cantautore Calcutta in «Calcutta. Amatevi in disparte» (Arcana, 2018), pubblicato la raccolta di racconti «Mia madre astronauta» (Ultra, 2019) e partecipato all'antologia «Qui giace un poeta» (Jimenez, 2020) con un racconto su Roberto Bolaño.

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Antonio Coletta è autore, ufficio stampa e redattore editoriale freelance. Ha fondato numerosi blog e strambe webzine e collaborato con molte testate e troppi siti internet. Ha raccontato la sua fallimentare esperienza di addetto stampa del cantautore Calcutta in «Calcutta. Amatevi in disparte» (Arcana, 2018), pubblicato la raccolta di racconti «Mia madre astronauta» (Ultra, 2019) e partecipato all'antologia «Qui giace un poeta» (Jimenez, 2020) con un racconto su Roberto Bolaño.

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