Non posso parlare per tutti i luoghi d’Italia, ma dove sono cresciuto io mi sono trovato malissimo perché l’essere Maschio lo misuravano perlopiù a botte, volgarità, risate sboccate, omofobia, abilismo e misoginia, e io al contrario avevo un fisico esile e un capoccione che a malapena si teneva dritto sul collo, attitudini prevalenti per le cose astratte, sentimentalismo facile e una stragrande maggioranza di donne in famiglia.
La mia educazione sentimentale e sessuale è andata avanti a tentoni, tra l’idea e la paura di dovermi adeguare a quella mascolinità lì e quella di rimanere fedele al mio carattere e istinto. Volevo essere accettato, avrei voluto essere un Maschio vincente e ce l’ho messa tutta, ma non lo ero.
Oggi so che quelle prove di virilità erano tutte fregnacce e che avrei potuto risparmiarmi e risparmiare fatiche e dolori, eppure di fronte alle battute cameratesche sorrido sempre cortese, e non so se lo faccio per compiacere o per vigliaccheria. E qualche volta anch’io mi lascio andare a considerazioni di cui mi vergogno subito dopo averle pensate. Per quanto possa evolvermi, porto ancora tracce poco rassicuranti di quella “cultura”. E tuttavia sono sicuro che il patriarcato sia agli sgoccioli, e che i nostri nipoti si chiederanno che razza di trogloditi eravamo.
Intanto, comunque, dicevo, il maschilismo fatica a morire e le relazioni continuano a essere vissute malamente in nome di una proprietà eterna e di un modello ingiusto fin dall’inizio dei tempi. A pensarci bene non mi sorprende che in quel gruppo facebook dove venivano offerte le foto della propria moglie a un branco di allupati gli utenti fossero senza maschera: nome, cognome e spesso foto, siamo Maschi, possiamo farlo.
Le generazioni precedenti si sono fatte da sole la loro educazione sessuale e sentimentale, così come, da ultimo, quella all’uso dei nuovi mezzi di comunicazione. E hanno fatto anche un bel po’ di danni. È probabilmente importante un cambio di passo e che, lì dove i genitori non riescono ad arrivare, siano le scuole ad aiutare e guidare i ragazzi al rispetto degli altri e di loro stessi.
Nessuno nasce stronzo, nessuno nasce Maschio. Scrive Pavese: «Ma tutti i pazzi, i maledetti, i criminosi sono stati bambini, hanno giocato come te, hanno creduto che qualcosa di bello li aspettasse. Quando avevamo tre, sette anni, tutti, quando nulla era avvenuto o dormiva solamente nei nervi e nel cuore».