Antonio Coletta Autore, ufficio stampa, redattore editoriale

Due mesi di Governo Conte

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Piccolo diario della mia opposizione da poltrona

27 maggio 2018

L’eventuale esecutivo Conte sarebbe l’ennesimo governo padronale che, nel suo programma, non riconosce la crisi del capitalismo e la necessità di riformarlo o superarlo.

A voler essere più populisti dei populisti, se da un lato sono sicuramente necessarie misure di sostegno al reddito, dall’altro il reddito di cittadinanza mi pare un provvedimento insufficiente a risolvere concretamente i problemi che mi sembrano più gravosi per la popolazione attiva, la mancanza di occupazione e la tutela della sicurezza e della qualità della vita del lavoratore.

A me verrebbe in mente, ad esempio, di incentivare gli investimenti sul terziario e disincentivare quelli sull’industria che da sola non ce la fa; di diminuire le ore di lavoro e agevolare il part-time. E al contrario, nel “contratto” si accenna addirittura alla reintroduzione dei voucher e nulla si dice della situazione drammatica di un numero sproporzionato di finti consulenti a partita iva.

[occorre dire, per inciso, che anche le mie “proposte” sono tutte idee di massima che non valgono niente se non inserite in un progetto complessivo, valido a lungo termine, di una riorganizzazione internazionale della distribuzione del reddito]

Ai ceti più bassi, invece, vengono prospettate dal “contratto” misure (ad esempio la flat tax) che possono dare un sollievo generale nel breve termine ma che sul lungo periodo potranno comportare una crisi dei servizi pubblici, favorendo così i ceti più ricchi – e le compagnie di assicurazioni, la sanità e l’istruzione privata.

Mi pare, invece, solletichi parecchio l’umore del cittadino il “togliere ai ricchi per non dare a nessuno” (in una logica punitiva per la quale il popolo non vorrebbe di più per se stesso ma si accontenterebbe del veder soffrire chi finora ha avuto più di lui) ed incolpare lo straniero (ricco o povero, europeo o africano) di un disagio tutto nostro.

Questo mio stupido post è solo uno dei tanti che non aggiunge qualità alla politica di questo Paese: è davvero quella strillata sui social network l’Italia che vogliamo?

Forse sperimenteremo protezionismo e repressioni violente del dissenso e sarà un disastro maggiore di quelli passati.

O magari sbaglio, verrà un’Italia migliore. Lo spero.

Come singolo non posso far altro, nel frattempo, che insegnare a mia figlia quel che io avrei dovuto imparare da bambino: non riporre aspettative nel futuro di questo Paese.

11 giugno 2018

Avete mai provato a perdere un minuto nell’immaginare i vostri figli, non accompagnati, sul ponte di una nave ferma in mezzo al Mediterraneo?

Caterina batte i denti dal freddo, non ricorda più bene il volto della donna seduta alla sua sinistra, le stringe un braccio, batte i denti più forte ed ora fa male, ondeggia verso destra – verso sinistra – verso destra – verso sinistra, “mamma!” dice e stringe il braccio alla donna al suo fianco piegata in avanti che non ha più nulla da vomitare, è buio tutto intorno, ondeggia verso destra – verso sinistra – verso destra – verso sinistra, i denti battono, è passato un solo altro minuto su questa nave.

12 giugno 2018

Tra gli utenti dei social network favorevoli alla linea Salvini sulla vicenda Aquarius in pochissimi sono capaci di esprimere un’opinione argomentata e/o in italiano.

L’impressione è che la maggior parte di loro veda negli immigrati (o nello stato, o nell’Europa – sorprendentemente mai nel capitalismo) la causa della loro mediocrità, delle aspettative irrisolte, della sfortuna.

Per quello che mi riguarda penso che non mi abbia fregato nessuno: come tutti ho fatto delle scelte giuste (in amore e nello sport, ad esempio) ed altre sbagliate (negli studi e nelle occasioni professionali) delle quali mi piacerebbe accusare gli africani, e al contrario devo – per onestà – rivendicare i limiti, gli errori e le incapacità che non mi hanno permesso di vivere (raccontando storie) come desideravo.

Promemoria per il futuro: spiegare a mia figlia che la vita è troppo breve per passarla in quest’Italia triste e piena di livore.

18 giugno 2018

Per sopravvivere a cinque anni di questo governo mantenendo il mio proverbiale aplomb avrò bisogno di un serio supporto psicologico.

Amici sostenitori del movimento cinque stelle, se siete disposti a subire la restrizione delle libertà e la repressione del dissenso con un fascista al ministero degli interni pur di avere gli “onesti” al governo, accomodatevi: probabilmente siete uomini bianchi eterosessuali avvelenati da così tanti fallimenti da accettare uno stato di polizia e l’odio e la violenza come modalità di confronto e rapporto con l’altro.

Per fortuna viviamo in un Paese pieno di persone disposte a reagire, a farsi schedare e prendere manganellate anche per i vostri diritti e quelli dei vostri figli, se sarà necessario.

Gente migliore di voi.

Divertitevi un po’ con gli squadristi, sarete comunque salvi.

19 giugno 2018

Quando il Ministro degli Interni Matteo Salvini esprime “da padre” la sua solidarietà al poliziotto che ha sparato cinque colpi di pistola contro un giovane sottoposto a Trattamento Sanitario Obbligatorio dimentica colpevolmente che anche i suoi figli potrebbero essere domani vittime di abusi da parte delle forze dell’ordine.

Quando Matteo Salvini diche di essere convinto “da papà […] che i figli devono avere un papà e una mamma” dimentica che anche i suoi figli potrebbero essere omosessuali domani.

Quando Matteo Salvini invoca l’inasprimento delle pene e dei lavori forzati dimentica che anche i suoi figli potrebbero essere carcerati domani.

Quando Matteo Salvini “da ministro e da papà” attacca migranti e rom dimentica che anche i suoi figli potrebbero essere domani gli africani o gli zingari di qualcun’altro.

L’impressione è che Matteo Salvini non sia solo un cattivo ministro ma anche un padre un po’ presuntuoso.

25 giugno 2018

Con ogni probabilità i migranti di ritorno in Libia saranno imprigionati negli stessi centri di accoglienza (o meglio, di detenzione) dei quali dovranno rispondere – almeno alle loro coscienze – anche Minniti e Gentiloni.

Nulla di nuovo, nessun “successo di Salvini”, solo poveracci salvati dalla morte in mare ai quali viene però negata la dignità di esseri umani.

Il modello dell'”aiuto a casa loro” tanto sbandierato dai leghisti, poi, non aiuterebbe comunque gli attuali migranti a sfuggire dalle guerre, da Boko Haram e Isis e neanche dalla povertà delle loro terre: dar loro un sostegno economico, aiutare i paesi del terzo mondo mantenendo il modello economico attuale vorrebbe dire comunque (per loro) vivere nel nostro sottoscala con standard di qualità della vita nettamente inferiori a quelli occidentali.

Come occidente, al contrario, abbiamo un obbligo di solidarietà ed accoglienza verso le popolazioni che sfruttiamo per vivere nella nostra ipercivilizzazione: dimentichiamo spesso che i confini, le nazioni (quella italiana, poi, esiste da appena 150 anni – cinque o sei generazioni), gli stati, i sistemi d’accoglienza, l’Unione Europea, il capitalismo sono tutte convenzioni tra uomini – discutibili, migliorabili, abrogabili.

E se la soluzione non passasse per la chiusura dei confini ma per il superamento graduale dell’idea di confine e nazionalità? Converrebbe forse, a noi italiani ed europei, esserne promotori prima di diventare/ritornare gli africani di qualcun altro.

Sono argomenti noiosissimi ma così rilevanti oggi che non parlarne mi sembra un delitto. Continuo a scriverne durante il tempo libero perché depresso da tanta ignavia e abbrutimento. Finirò per abituarmi. O al manicomio.

29 luglio 2018

Quante brutte storie in questo Paese: ieri accompagnavo mia figlia Caterina al suo primo concerto dei dEUS quando lei, avvistato un fantastico cavallino a gettoni in una sala giochi distante trent’anni nel tempo e pochi metri nello spazio, ha preferito cavalcare il meccanico destriero ad un’ora di musica, condivisione e buoni sentimenti; oggi il ministro degli interni ha citato un noto motto fascista, come fosse un buzzurro da osteria, per irridere chi lo ha criticato (e lo ha fatto, per giunta, nel giorno del compleanno di Benito Mussolini) e non si vergogna, non si scusa, non si dimette, non lo cacciano a pedate; domani tornerò a lavoro.

6 agosto 2018

L’intervento di Paola Taverna in Senato a favore delle ragioni dei cosiddetti “no-vax” che viene condiviso nell’internet in questi giorni – condotto con le stesse modalità utilizzate dal pubblico di Uomini e donne per intervenire durante la trasmissione – pare un caso esemplare del format mariadefilippesco adottato dalla Lega e dal Movimento Cinque Stelle per attrarre consensi.

Come la De Filippi ha reso protagonista di svariati programmi televisivi l’uomo comune, medio e – spesso – mediocre, le forze dell’attuale governo hanno reso protagonista delle decisioni di questo Paese uomini comuni, medi e – spesso – mediocri, incapaci di gestire ed interpretare la complessità della realtà se non attraverso categorie fatte di “sentito dire” ed empirismo spicciolo

I vecchi partiti, di destra e di sinistra, hanno consegnato carne da macello ad un governo che parla e pensa come le classi più povere ma nega loro dignità e aspirazione di qualità della vita, crescita sociale, economica ed intellettuale.

La speranza è che i migliori tornino ad occuparsi della politica nei partiti e – soprattutto – dei ceti più deboli, e che le intelligenze presenti nel Movimento Cinque Stelle e nella Lega siano responsabilmente pronte a fare un passo indietro e ad opporsi pubblicamente alle scelte più sciocche e alle decisioni più scellerate prese nel parlamento dei bar del Tufello.

A proposito dell'autore

Antonio Coletta

Antonio Coletta è autore, ufficio stampa e redattore editoriale freelance. Ha fondato numerosi blog e strambe webzine e collaborato con molte testate e troppi siti internet. Ha raccontato la sua fallimentare esperienza di addetto stampa del cantautore Calcutta in «Calcutta. Amatevi in disparte» (Arcana, 2018), pubblicato la raccolta di racconti «Mia madre astronauta» (Ultra, 2019) e partecipato all'antologia «Qui giace un poeta» (Jimenez, 2020) con un racconto su Roberto Bolaño.

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Antonio Coletta è autore, ufficio stampa e redattore editoriale freelance. Ha fondato numerosi blog e strambe webzine e collaborato con molte testate e troppi siti internet. Ha raccontato la sua fallimentare esperienza di addetto stampa del cantautore Calcutta in «Calcutta. Amatevi in disparte» (Arcana, 2018), pubblicato la raccolta di racconti «Mia madre astronauta» (Ultra, 2019) e partecipato all'antologia «Qui giace un poeta» (Jimenez, 2020) con un racconto su Roberto Bolaño.

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