Antonio Coletta Autore, ufficio stampa, redattore editoriale

Alatri. Nuova violenza, nuove macerie

A

Poche ore fa, mentre preparavo la cena a mia figlia, un ragazzo appena maggiorenne è stato ridotto in fin di vita, a colpi di pistola, a 150 metri da casa mia, a Alatri (FR), estrema periferia di una provincia periferia del mondo. Quel poveraccio poteva essere mio figlio, così come poteva essere mio figlio chi ha sparato – voci dicono che fossero in due, ragazzi, probabilmente suoi coetanei, in motorino col volto coperto. Allo stesso modo poteva esserci mia figlia lì ad assistere, o a beccarsi la pallottola al posto di quel ragazzo. Quel che è accaduto mi addolora e mi preoccupa ma non mi sorprende, come invece mi pare meravigli in queste ore tante persone che come me abitano questi luoghi. Mi chiedo dove abbiano vissuto in questi anni, e come abbiano fatto a non accorgersi di come quella violenza e microcriminalità legata al denaro, al possesso e alla cocaina (e a unʼignoranza atavica) sia da queste parti istituzionalizzata da parecchio – e da ben prima dellʼomicidio Morganti (sul quale sono state spese milioni di parole, e addirittura è stato stampato un libro, pubblicato da Einaudi). Quel che è accaduto questa sera è solo il secondo picco di una lunga serie di fatti di cronaca nera interrotta solo dalla crisi pandemica: roba da fare invidia a Ciudad Juarez. Mi sono convinto con il passare del tempo che il problema del degrado di questa provincia, e in particolare quello sempre più profondo e violento di questo piccolo centro del basso Lazio, sia irrisolvibile. Credo, allo stesso tempo, che le giovani generazioni di queste parti siano vittime di tutti i difetti della provincia italiana e, come tutti i loro coetanei, delle generazioni più anziane, che continuano a occupare spazi e a rubare loro il futuro, che affidano quasi interamente la formazione dei ragazzi alle loro intime capacità, alla loro curiosità, alla loro volontà e li lasciano in balia dei miti dei cafoni, dei microcriminali incalliti e dei vicinissimi camorristi, di soldi, violenza, rum, cocaina e auto a duecento allʼora. In un contesto del genere, in un paese con un retroterra culturale degradato, ridotto a paese-dormitorio, le persone interessate alla sua sopravvivenza dovrebbero riconoscere le macerie per ricostruire, chiedere un intervento dello stato perché le aiuti a offrire più vita, più comunità, più interessi, più opportunità. E invece le leggo fingere la sorpresa, unʼinaspettata emergenza, invocare una militarizzazione per vivere tranquilli in un posto nel quale nessuno vorrebbe mai venire ad abitare.

A proposito dell'autore

Antonio Coletta

Antonio Coletta è autore, ufficio stampa e redattore editoriale freelance. Ha fondato numerosi blog e strambe webzine e collaborato con molte testate e troppi siti internet. Ha raccontato la sua fallimentare esperienza di addetto stampa del cantautore Calcutta in «Calcutta. Amatevi in disparte» (Arcana, 2018), pubblicato la raccolta di racconti «Mia madre astronauta» (Ultra, 2019) e partecipato all'antologia «Qui giace un poeta» (Jimenez, 2020) con un racconto su Roberto Bolaño.

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Antonio Coletta è autore, ufficio stampa e redattore editoriale freelance. Ha fondato numerosi blog e strambe webzine e collaborato con molte testate e troppi siti internet. Ha raccontato la sua fallimentare esperienza di addetto stampa del cantautore Calcutta in «Calcutta. Amatevi in disparte» (Arcana, 2018), pubblicato la raccolta di racconti «Mia madre astronauta» (Ultra, 2019) e partecipato all'antologia «Qui giace un poeta» (Jimenez, 2020) con un racconto su Roberto Bolaño.

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