Se cʼè una storia che mi ha insegnato parecchio sulla vita è quella dellʼinimicizia di Charles Dickens per Hans Christian Andersen.
Pare infatti che Andersen ammirasse molto Dickens – e magari la cosa in principio era pure reciproca – e che i due si scrivessero delle lettere, ma poi un giorno lo scrittore inglese inserì una di quelle frasi di circostanza tipo: «Vieni a trovarmi se passi da Londra: sarai mio gradito ospite».
Lʼautore della Sirenetta lo prese in parola, fece in quattro e quattrʼotto le valigie, lasciò Copenaghen e si presentò a casa di Dickens, che oltretutto aveva una famiglia numerosa e complicata.
Andersen si accampò lì per uno, due, tre, quattro giorni, poi per intere settimane, e Dickens ce la mise tutta per fargli capire che avrebbe fatto bene a levare il disturbo: iniziò a evitarlo, gli levò la parola, il saluto, ma niente, il danese pareva non accorgersi di quanto fosse di troppo. Dopo oltre un mese Andersen percepì un leggero malumore del padrone di casa e decise di tornarsene a Copenaghen.
Nella stanza degli ospiti di casa Dickens è scritto: «Hans Christian Andersen ha dormito in questa stanza per cinque settimane, che alla famiglia sono sembrate ANNI!».
E questo è il motivo per cui casa mia non ha una stanza degli ospiti.