Antonio Coletta Autore, ufficio stampa, redattore editoriale

Storie brasiliane

S

La leggenda vuole che il grande musicista brasiliano Jorge Ben sognasse da bambino di fare il calciatore e che abbia avuto la fortuna di giocare come piccolo centrocampista arretrato nelle giovanili della sua squadra del cuore, il Flamengo.


Secondo un aneddoto raccontato dal cronista sportivo Sandro Moreyra – che negli anni Ottanta teneva una rubrica di storie curiose dal mondo del calcio sulla rivista «Placar» –, Jorge Ben fu beccato una volta dal suo allenatore Modesto Bria mentre canticchiava nello spogliatoio. Bria – che nel Flamengo aveva vinto tre campionati brasiliani e di pedatori ne aveva visti un bel po’ – lo interruppe: «Mettiti gli scarpini e vai in campo. Ma è con questa voce che dovresti guadagnarti da vivere, non con il pallone».

Che l’episodio sia veridico o inventato, Jorge Ben seguì la strada della musica senza perdere mai la passione per il calcio e per il Flamengo, raccontata più volte nelle sue canzoni. Celebre, tra queste, è Fio Maravilha, pezzo del 1972 dedicato a una clamorosa azione di gioco dell’omonimo attaccante della squadra di Rio de Janeiro.

Il fratello maggiore di Fio Maravilha, tra l’altro, per questioni anagrafiche potrebbe aver incrociato Jorge Ben nelle giovanili del Flamengo. Il suo nome era Germano de Sales e, dopo gli esordi nella squadra brasiliana, fu anche ala sinistra del Milan e del Genoa tra il 1962 e il 1965 e nome abbastanza noto in Italia. Indicato generalmente come il primo calciatore di colore del campionato italiano, Germano Bovolenta ricordò così in un coccodrillo sulla Gazzetta l’arrivo del brasiliano a Milano: «Ha vent’anni. È scoperto da Dino Sani che dice a Nereo Rocco: questo è più bravo e più veloce di Zagallo. Germano gioca nel Flamengo, all’ala sinistra ed è nel giro della nazionale. Germano ha un tiro molto potente, dribbling alla Garrincha, cross precisi e taglienti. José Altafini, grande centravanti di quel Milan, lo vede in tournée ed è folgorato. Come Rocco. “Abbiamo trovato un fuoriclasse”, dicono al Milan. È il primo “negro” e s’infiamma un dibattito assurdo: giusto o no far giocare i “negri” nel nostro campionato?».

Germano, però, fece scalpore soprattutto per il suo grande amore con la giovane più ambita d’Italia, la contessa Agusta, dando nuova linfa al pettegolezzo milanese che aveva appena perso Antonio Valentin Angelillo (al centro di un altro scandalo passionale, lʼattaccante argentino nell’estate del 1961 era stato allontanato dall’Inter e ceduto alla Roma). Germano, tirando le somme, non collezionò poi molte presenze in serie A, ma sposò la rampolla degli Agusta nel 1967 ad Angleur, periferia di Liegi (dove l’attaccante giocava per lo Standard). Raccontano le cronache del tempo che la famiglia di lei si oppose al matrimonio, presentando addirittura un ricorso in tribunale. I due, in ogni caso, ebbero una figlia. Come accade spesso nei grandi amori, poi, poco tempo dopo la passione finì, e con essa il matrimonio.

Joao Batista de Sales detto Fio Maravilha, invece, non varcò mai l’Atlantico: si limitò a giocare in patria e negli Stati Uniti – dove poi si fermò a vivere. Chi lo ha visto giocare racconta che l’amore dimostrato dalla torcida del Flamengo per Joao Batista non fosse proporzionale alla sua abilità pedatoria. Ciò nonostante, Fio Maravilha segnò un bel po’ per il club più popolare del Brasile (79 gol in 289 partite) prima di essere ceduto in via definitiva al Desportiva, dopo alcuni brevi prestiti a squadre minori – il Desportiva, in verità, aveva già concluso un accordo con il presidente del Flamengo per il ventenne Zico: venuto a conoscenza dell’affare, però, l’allenatore Mario Zagallo pose il veto sulla cessione del futuro fuoriclasse e offrì al club dello stato dell’Espírito Santo il nostro povero Fio, che non conoscerà più vera gloria sportiva.

Al tempo della sua cessione al Desportiva nel 1977, tuttavia, una prodezza sportiva di Fio era già stata resa immortale da Jorge Ben. L’episodio risale a una partita del 15 gennaio del 1972 al Maracanà tra Flamengo e Benfica, valida per lʼamichevole Torneio Internacional de Verão do Rio de Janeiro. Le squadre galleggiano sullo zero a zero, Jorge Ben tra i tifosi reclama con il resto della torcida l’ingresso di Fio Maravilha, lʼamato attaccante dai denti impensabili e dal sorriso che beffa le leggi gravitazionali. Zagallo ascolta i tifosi, manda in campo il beniamino del pubblico e questo, per ricompensarlo, al settantottesimo minuto triangola, dribbla due difensori, scarta il portiere con un tocco. Potrebbe infine entrare lui stesso con il pallone in rete, ma il suo animo non gli permetterà di umiliare lʼavversario: «fu un gol da angelo, un gol davvero memorabile / e il pubblico riconoscente si incantò: Fio Maravilha nós gostamos de você / Fio Maravilha faz mais um pra gente vê».

Assieme a Mas que nada, Fio Maravilha fu uno dei primi grandi successi di Jorge Ben. Il pezzo gli causò tuttavia qualche grattacapo legale: il calciatore lo querelò per sfruttamento indebito della sua immagine – costringendo Ben a modificare titolo e testo in Filho Maravilha fino al chiarimento definitivo tra cantautore ed ex calciatore, avvenuto nel 2007. Il ritornello è tristemente noto in Italia per l’assurdo melange maccheronico Disco Samba dei Two Man Sound e il loro peppepeppeppeppé che dagli anni Ottanta fa da colonna sonora a tanti carnevali e capodanni, rimpinguando ampiamente i conti in banca del trio belga.

Quasi trent’anni dopo, un altro ingresso dalla panchina avrebbe cambiato le sorti di una partita del Flamengo e avrebbe probabilmente meritato l’attenzione di Jorge Ben. È il 6 febbraio del 2000 quando il non ancora diciottenne Adriano Leite Ribeiro da Vila Cruzeiro (RJ) – non reclamato dalla torcida ma, del resto, il Flamengo era in trasferta e il ragazzo all’esordio assoluto in prima squadra – viene buttato in campo dall’ex commissario tecnico del Paraguay Carpegiani nel secondo tempo di una sfida di un certo blasone, con il San Paolo che conduce sul Flamengo per due reti a uno. Al primo lancio da centrocampo il ragazzone controlla al volo, scarta a sinistra per dribblare il difensore, si accentra un po’, accomoda la palla come meglio crede, lascia partire una scudisciata e infila il nazionale Rogério Ceni. Il telecronista urla: «Adriano! Que talento!». Il Flamengo segna poi altri tre gol nello stesso scontro, uno di questi su assist di Adriano.

A rendere mitologica – almeno in Italia – la narrazione di quel fantastico esordio, tuttavia, penserà lo stesso Adriano, che lo racconterà entusiasta ai giornalisti dopo la prima notte magica con l’Inter, appena un anno dopo: «entrai che perdevamo 1 a 0, in cinque minuti feci un gol e tre assist, alla fine il Flamengo vinse 5 a 2».

Fa simpatia e tenerezza, a ripensarci: mentre gonfiava quel racconto, il diciannovenne Adriano non poteva immaginare che un giorno le immagini di quella partita sarebbero state disponibili su Youtube.

A proposito dell'autore

Antonio Coletta

Antonio Coletta è autore, ufficio stampa e redattore editoriale freelance. Ha fondato numerosi blog e strambe webzine e collaborato con molte testate e troppi siti internet. Ha raccontato la sua fallimentare esperienza di addetto stampa del cantautore Calcutta in «Calcutta. Amatevi in disparte» (Arcana, 2018), pubblicato la raccolta di racconti «Mia madre astronauta» (Ultra, 2019) e partecipato all'antologia «Qui giace un poeta» (Jimenez, 2020) con un racconto su Roberto Bolaño.

Commenta questo post

Antonio Coletta Autore, ufficio stampa, redattore editoriale

Antonio Coletta

Antonio Coletta è autore, ufficio stampa e redattore editoriale freelance. Ha fondato numerosi blog e strambe webzine e collaborato con molte testate e troppi siti internet. Ha raccontato la sua fallimentare esperienza di addetto stampa del cantautore Calcutta in «Calcutta. Amatevi in disparte» (Arcana, 2018), pubblicato la raccolta di racconti «Mia madre astronauta» (Ultra, 2019) e partecipato all'antologia «Qui giace un poeta» (Jimenez, 2020) con un racconto su Roberto Bolaño.

Contattami