Antonio Coletta Autore, ufficio stampa, redattore editoriale

Hitchcock

H

Ieri sera ho fatto zapping – roba del secolo scorso. Sul canale del Vaticano, TV2000, stavano trasmettendo «Io ti salverò», uno dei film di Hitchcock che non avevo mai avuto occasione di vedere. Come nessuno tra voi saprà, quando ero appena un ragazzetto delle medie mi appassionai al cinema di Hitchcock – prendendolo a modello del regista che sarei diventato (uno dei tanti sogni a occhi aperti che, per insormontabile vergogna, non ho mai perseguito) e sviluppando una paura insopprimibile per gli animali con le ali e il becco.

Cʼè un libro-intervista importante, condotto da François Truffaut, che racconta quel cinema: sʼintitola Il cinema secondo Hitchcock (Il Saggiatore), gli voglio molto bene e lʼho ripreso in mano ieri sera al termine del film. Di «Io ti salverò» parla pochissimo, soffermandosi solamente sulle scenografie disegnate da Dalì – Truffaut lo considera un film deludente, Hitchcock è dʼaccordo con lui e anch’io, ripensandoci, forse lʼho trovato un poʼ verboso (a un certo punto mi sono addirittura scoperto sonnecchiante sul divano, ricomponendomi subito per non far torto al regista).

Truffaut morirà prematuramente nel 1984, appena quattro anni dopo lʼormai vecchio Hitchcock. Fa in tempo, però, a scrivere al termine del suo libro un ricordo del maestro che è illuminante. In un passaggio fondamentale dellʼultimo capitolo il regista francese spiega – o almeno, a me sembra che lo faccia – tutta lʼirresistibilità di quel cinema:

Era impossibile non vedere che tutte le scene dʼamore erano girate come scene di omicidio e tutte le scene di omicidio come scene dʼamore. Conoscevo bene quelle opere, credevo di conoscerle molto bene, e rimanevo sbalordito di fronte a ciò che vedevo. Sullo schermo non cʼerano che schizzi di fango, fuochi dʼartificio, eiaculazioni, sospiri, rantoli, grida, perdite di sangue, lacrime, polsi torti, e mi resi conto che nel cinema di Hitchcock, decisamente più sessuale che sensuale, fare lʼamore e morire sono una cosa sola.

A proposito dell'autore

Antonio Coletta

Antonio Coletta è autore, ufficio stampa e redattore editoriale freelance. Ha fondato numerosi blog e strambe webzine e collaborato con molte testate e troppi siti internet. Ha raccontato la sua fallimentare esperienza di addetto stampa del cantautore Calcutta in «Calcutta. Amatevi in disparte» (Arcana, 2018), pubblicato la raccolta di racconti «Mia madre astronauta» (Ultra, 2019) e partecipato all'antologia «Qui giace un poeta» (Jimenez, 2020) con un racconto su Roberto Bolaño.

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Antonio Coletta è autore, ufficio stampa e redattore editoriale freelance. Ha fondato numerosi blog e strambe webzine e collaborato con molte testate e troppi siti internet. Ha raccontato la sua fallimentare esperienza di addetto stampa del cantautore Calcutta in «Calcutta. Amatevi in disparte» (Arcana, 2018), pubblicato la raccolta di racconti «Mia madre astronauta» (Ultra, 2019) e partecipato all'antologia «Qui giace un poeta» (Jimenez, 2020) con un racconto su Roberto Bolaño.

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