Antonio Coletta Autore, ufficio stampa, redattore editoriale

Vaccini e rubinetti

V

Ho prenotato per mia figlia il vaccino anticovid, non perché abbia paura per lei (ho letto che tra i minori positivi ne finisce intubato uno su seimila) né per la mia famiglia (tutti in triplice dose) ma per senso di comunità, per difesa dei più deboli (immunodepressi, malati, vecchi) e dei no-vax, categorie che statisticamente dovrebbero essere una minoranza nella nazione ma che, per quel che mi riguarda, sono comunque sempre degne di tutela. Ho prenotato per mia figlia il vaccino anticovid con un peso sul cuore non indifferente, perché ho dovuto prendermi una responsabilità per una scelta che non ho competenze per prendere e per la quale lo stato non ha voluto assumersi le sue responsabilità, e lʼho fatto non per salvaguardare la vita di mia figlia ma quella di altri, e soprattutto per permetterle una vita sociale più libera possibile. Dopo due anni di pandemia, però, credo che questi bambini e questi giovani abbiano subito troppe limitazioni, così come noi genitori in salute che ci siamo sottoposti a tre vaccini, e intanto il governo ci propina il bonus rubinetti, e se chiuderanno di nuovo le scuole o ci serreranno di nuovo tutti in casa indistintamente, penso proprio che mi iscriverò alle brigate rosse.

Credo che chiunque con un poʼ di sale in zucca sia disposto a un sacrificio per garantire la vita e la salute degli altri. Sarebbe stata però probabilmente necessaria un’assunzione di responsabilità da parte dello stato e una qualche forma di tutela della necessità di socialità, apprendimento e salute mentale di chi sta subendo restrizioni della libertà per conto terzi da due anni. Se i vaccini non funzionano, lo stato se ne assuma le responsabilità. Se i vaccini funzionano, come credo, lo stato si assuma la responsabilità dell’obbligo vaccinale e, pur sottolineando l’ormai ovvia necessità di adottare sempre alcune forme di prevenzione, dica a chi è in salute e ha legittimamente paura che può benissimo restarsene a casa a scrivere le proprie memorie, oppure si adoperi per fornire loro un supporto psicologico. In un paese in cui lʼascensore sociale è debolissimo, poi, tre anni senza scuola rischiano di annullarlo completamente per le attuali generazioni di studenti.

Non ho competenze mediche e ho una fiducia nella scienza illimitata, in chi studia, in chi sa, in chi approfondisce. Non posso che limitarmi a un giudizio politico basato su quel che riesco a capire. Per quel che riguarda il vaccino ai minori, allo stato attuale mi risulta una percentuale bassissima di bambini positivi intubati; non sappiamo, però, se il covid (anche asintomatico) avrà conseguenze sul lungo periodo su chi lo ha contratto, se un giorno una nuova variante attaccherà in modo violento i minori (né se il vaccino riuscirà a contenerla), e non sappiamo nemmeno se questi vaccini di nuova generazione a cui li stiamo sottoponendo (perché i vecchi sono stati tolti di mezzo da queste parti per un pasticcio politico) avranno conseguenze a lungo termine. Penso, però, che se la scienza ritiene che siano un mezzo per garantire la salute pubblica, avendo valutato rischi e benefici, anche i bambini vadano sottoposti alla vaccinazione. Il problema è che lo stato – sulla base delle indicazioni della scienza – avrebbe dovuto assumersi la responsabilità dellʼobbligo vaccinale invece di scaricarlo prima su noi come individui e poi di nuovo su noi come genitori. Credo che non si possa ventilare di nuovo una chiusura delle scuole o un lockdown indiscriminato dopo una campagna vaccinale così massiccia. È un giudizio politico, non medico: se la scienza mi assicura che i vaccini funzionano, se ho seguito e seguo tutte le prescrizioni, voglio essere tutelato anch’io nel mio diritto alla socialità, e voglio che sia tutelata mia figlia nel suo diritto allʼistruzione, alla socialità e al non aver paura – nei limiti di quanto non incide sulla salute pubblica. Penso sia più importante garantire questi diritti e la nostra salute mentale (penso soprattutto ai plurivaccinati diventati agorafobici, ma anche alle sofferenze e ai sensi di colpa di tutti gli altri) piuttosto che le nuove facciate e i nuovi rubinetti.

A proposito dell'autore

Antonio Coletta

Antonio Coletta è autore, ufficio stampa e redattore editoriale freelance. Ha fondato numerosi blog e strambe webzine e collaborato con molte testate e troppi siti internet. Ha raccontato la sua fallimentare esperienza di addetto stampa del cantautore Calcutta in «Calcutta. Amatevi in disparte» (Arcana, 2018), pubblicato la raccolta di racconti «Mia madre astronauta» (Ultra, 2019) e partecipato all'antologia «Qui giace un poeta» (Jimenez, 2020) con un racconto su Roberto Bolaño.

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Antonio Coletta è autore, ufficio stampa e redattore editoriale freelance. Ha fondato numerosi blog e strambe webzine e collaborato con molte testate e troppi siti internet. Ha raccontato la sua fallimentare esperienza di addetto stampa del cantautore Calcutta in «Calcutta. Amatevi in disparte» (Arcana, 2018), pubblicato la raccolta di racconti «Mia madre astronauta» (Ultra, 2019) e partecipato all'antologia «Qui giace un poeta» (Jimenez, 2020) con un racconto su Roberto Bolaño.

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